Route 66. Trail of Tears Memorial (Jerome, Missouri)

Pubblicato: giugno 12, 2022 in Route 66
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La statua di Larry Bagget posta all’ingresso del Trail of Tears Memorial

“La storia della Route 66 è sia dolce che amara.
La vecchia highway è piena di cicatrici, molte di cui vergognarsi altre di cui andare fieri.”

Michael Wallis, scrittore


Come ha scritto Michael Wallis, la Route 66 è stata testimone di storie di cui non si può andare fieri.

Del resto la vecchia highway era parte di un paese che di queste storie ne ha tante da raccontare.

La feroce discriminazione razziale, sancita per legge fino al 1964 (vedi The Negro Motorist Green Book), la discriminazione sociale, che ha visto protagonisti gli Okies, coloro che fuggivano dalle grandi pianure verso la California (vedi Il Dust Bowl), oppure, uno dei “peccati originali”, le violenze perpetrate nei confronti dei nativi americani, sono tra le storie di ordinaria brutalità più conosciute alle quali la Route 66 ha assistito.

A Jerome, in Missouri, lungo un bel tratto di Route 66, si incontra un luogo che ne racconta una: il Trail of Tears Memorial.

Non ha legami con la storia della Route 66 e tutto sommato racconta qualcosa accaduto diversi anni prima che la Route 66 nascesse, ma comunque aiuta a riflettere su come spesso l’evoluzione di quel paese sia stata brutale.

Il Trail of Tears Memorial è un luogo realizzato da un tal Larry Bagget, ed in origine doveva diventare un campeggio.

Per raccontare cosa sia il Trail of Tears occorre andare indietro nel tempo fino alla prima metà del 1800 quando l’allora presidente degli Stati Uniti Jackson emanò una legge (Indian Removal Act del 1830) che di fatto avviava la deportazione forzata dei nativi americani dai luoghi di nascita verso l’Indian Territory, ovvero quello che poi sarebbe diventato lo stato dell’Oklahoma.

Non poteva esserci progresso se gli indiani continuavano a stanziare nei loro luoghi d’origine, questo sosteneva il presidente Jackson.

Questa deportazione di massa causò terribili conseguenze sulle popolazioni indiane.

Fame, malattie e morte accompagnarono quel viaggio che divenne noto con il nome di Trail of Tears (sentiero delle lacrime); un viaggio durante il quale persero la vita circa 4.000 Cherokee sui circa 14.000 deportati.

Fu, per le popolazioni indiane, un’esperienza devastante.

Il Trail of Tears Memorial di Larry Bagget, quindi, ha un legame forte con quella deportazione.

A Larry Bagget, originario del Tennessee, negli anni 70 fu diagnosticata una grave forma di diabete e di artrite, patologie che gli lasciavano poche speranze di vita.

Per questo motivo nella sua proprietà nel pressi di Jerome, lungo un bellissimo tratto di Route 66, pensò di realizzare un campeggio in modo da garantire alla moglie una fonte di reddito dopo la sua morte.

Ma le cose, per fortuna, andarono diversamente.

Larry guarì dalle sue malattie al punto da considerare quel momento la sua nuova rinascita.

Era infatti solito contare i suoi anni partendo dal 1970, anno dell’inizio della sua nuova vita.

Ma quello che doveva diventare un campeggio alla fine si trasformò in qualcosa di molto diverso.

Larry raccontava che tutte le notti, mentre dormiva, sentiva bussare alla porta ma che aprendola non trovava mai nessuno.

Un giorno Larry incontrò un vecchio indiano Cherokee, che all’apparenza sembrava avesse più di 100 anni, il quale gli rivelò che la sua proprietà si trovava proprio lungo il Trail of Tears, il percorso seguito forzatamente dai nativi americani nella metà del 1800, e questo rendeva il cammino degli spiriti di quegli indiani estremamente difficoltoso.

In particolare, accanto alla sua abitazione, Larry aveva costruito un muro molto alto che impediva agli spiriti di procedere.

Larry allora realizzo una scala per permettere alle anime di quegli indiani di scavalcarlo agevolmente e di proseguire nel proprio cammino; questa sua iniziativa pose fine a quelle misteriose visite notturne.

Larry fu molto colpito da questa storia e proseguì con i lavori trasformando la sua proprietà in un vero e proprio tributo agli indiani morti durante quella deportazione, dandole, appunto, il nome di Trail of Tears Memorial.

Molte delle realizzazioni all’interno della proprietà, raccontava Larry, gli furono suggerite da quell’anziano Cherokee e servivano ad agevolare il cammino degli spiriti.

Larry era attratto dall’astrologia e dalla numerologia, passioni che insieme alla devozione verso la cultura dei nativi americani lo hanno guidato nella realizzazione delle opere contenute nel suo Trail of Tears Memorial.

Larry Bagget morì nel 2003,  la sua proprietà rimase a lungo chiusa e le sue opere iniziarono a cadere in rovina, fino a quando, nel 2017, una soldatessa in pensione, che anni prima aveva conosciuto Larry, la acquistò e grazie al supporto di alcuni volontari, nel 2018 iniziò i lavori di recupero attribuendole il nome Trail of Tears Memorial and Herbal Gardens.

Ho visitato il Trail of Tears nell’agosto del 2018, pochi mesi dopo la riapertura, ancora parziale, della struttura.

Ci sono statue in pietra all’interno della proprietà, che raffigurano nativi americani, animali, una meridiana, un pozzo dei desideri e tanto altro ancora in un misto di cemento e mattoni.

Ed all’ingresso Larry ha posizionato una statua che lo raffigura e che da il benvenuto ai visitatori.

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Siamo stati accompagnati nel giro all’interno della struttura da uno dei volontari che hanno collaborato nei lavori di restauro, che con enfasi e sincera passione ci ha raccontato la storia di quel posto ed il significato mistico ricoperto da ciascuna delle piccole realizzazioni di Larry.

Il Trail of Tears Memorial, come detto, aveva riaperto al pubblico pochi mesi prima della mia visita; nei miei precedenti viaggi ricordo infatti che una sbarra impediva l’accesso alla struttura, la statua di Larry era in pessime condizioni, così come molte opere contenute all’interno.

Non ha legami stretti con la Route 66, ma il Trail of Tears Memorial è diventata negli ultimi anni una tappa piuttosto popolare, un luogo affascinante che dona uno straordinario senso di pace.

Un modo piacevole per interrompere per qualche attimo il viaggio verso ovest.

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