Route 66 & WEST – LIVE (2016)

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Sono quasi pronto per tornare sulla “mia” Route 66.
Sarà un viaggio intenso, denso di incontri ed arricchito da una recente piacevole sorpresa.
Uno scrittore americano, un vero e proprio guru della Route 66, qualche giorno fa mi ha invitato a far parte di un gruppo internazionale (il “Route 66 international advisory group”) che si occuperà di sviluppare idee per promuovere la Route 66 nel mondo, divulgare le notizie sulla Mother Road e le iniziative che questo gruppo prenderà.
come membro di questo gruppo sono stato invitato come “special guest from Italy” ad un cocktail party organizzato dalla “Route 66 association of Kingman”.
Il viaggio quindi si arricchisce di altre bellissime esperienze, sono piccole cose ma per un appassionato della Route 66 come me, valgono infinitamente.

SAN FRANCISCO – PISMO BEACH

Il tratto da San Francisco a Pismo Beach è spettacolare.
Me l’aspettavo, avevo visto un po’ di foto ed avevo quindi capito di cosa si trattava.
Mi ricorda un po’ l’Irlanda ma anche la Norvegia (quest’ultima anche per i fari che io amo particolarmente).
Ma anche per il tempo estremamente variabile: il sole andava e veniva rapidamente e la temperatura non è mai salita sopra i 18 gradi .
Guidare su quel tratto di Hwy 1 è fantastico.
Le foto si riferiscono principalmente al Point Lobos State Natural Reserve ed il faro è il Pigeon Point Lighthouse.

PISMO BEACH – LOS ANGELES

La temperatura nel secondo tratto di Hwy 1 è un po’ più alta anche se il tratto è decisamente meno affascinante del precedente.
Le grandi spiagge prendono il posto delle scogliere addolcendo il panorama.
Passata qualche ora nella bellissima ed insolita Solvang, un pezzo di Danimarca negli States, si prosegue verso sud alternando la 101 e la Hwy 1.
L’arrivo a Santa Monica conclude la giornata.

LOS ANGELES

Giornata di relax agli Universal Studios.
E’ stata la mia terza volta ma l’ultima fu 18 anni fa.
molto è cambiato, a partire dal prezzo, esageratamente elevato, ciò nonostante era stracolmo.
Domani l’on the road riprende verso il Joshua Tree National Park

LOS ANGELES – BLYTHE

 Si è passati in pochi giorni dai 10°C del Big Sur ai 45°C del Joshua Tree National Park.

BLYTHE – WILLCOX

Il viaggio di avvicinamento alla Mother Road prosegue attraverso l’Arizona.
Odio guidare sulle interstates, perché hanno troppe corsie, perché sono piene di polizia (lo scorso anno sulla I90 ho preso 120 dollari di multa per non aver lasciato una corsia  tra me ed una macchina in sosta. Ecco appunto, le interstates hanno troppe corsie) e perchè sono troppo rettilinee e ti fanno addormentare.
Oggi ho lasciato il “fuoco” di Blythe e attraverso la I10 ho proseguito in direzione est verso Willcox (AZ); sono tappe di avvicinamento al New Mexico e quindi ho previsto poche cose da fare (anche perché da queste parti ci sono già venuto diverse volte) e tra queste c’era una tappa al Air & Space Museum di Tucson che, stranamente, le volte precedenti non avevo visitato.
Io adoro fare cose che ho gia fatto, vedere più volte lo stesso film ed anche visitare posti che dove sono già stato.
Domani si riparte in direzione Alamogordo, per la mia seconda volte alle White Sands National Monument.

WILLCOX – ALAMOGORDO

Viaggiare negli stati uniti modifica la normale percezione delle distanze.
Ogni giorno si macinano Km senza probabilmente rendersene conto.
Si fa tutto in scioltezza, senza fatica.
Lo scorso anno, per incontrare un amico di Facebook che vive a Des Moines in Iowa, percorsi 1000Km un giorno ed altri 500 il giorno successivo per proseguire il viaggio.Willcox (AZ) – Alamogordo (NM) era il percorso di oggi, poco più di 400 Km.
Un’inezia.
Sveglia estremamente comoda, considerato che l’unico obiettivo erano le White Sands.
Solita colazione e poi via.
Dopo una tappa da Denny’s  a metà strada per il pranzo, raggiungo il White Sands National Monument verso le 17.
È la mia seconda volta qui, la prima fu nel settembre 2014 come detour dal viaggio lungo la Route 66.
Domani sarà luna piena ed il parco resterà aperto fino alle 23; la chiusura oggi è stata, come di consueto, alle 21.
Il parco è splendido come sempre ed al tramonto ha un fascino irresistibile.
Il tenue rumore della sabbia calpestata è l’unico suono che interrompe il silenzio.
Sono restato, ovviamente, fino alla chiusura e la luna mi ha regalato immagini straordinarie, proiettando il suo calore tra le dune.
Domani  sarò di nuovo li prima di partire per Roswell.

ALAMOGORDO – ROSWELL

Mattinata dedicata ad un nuovo tour all’interno del White Sands N.M..
Il sole era rovente ed il bianco della sabbia rendeva quasi impossibile tenere gli occhi aperti.
Il parco è di una bellezza mozzafiato.
Sembra di essere in montagna e ti aspetti che la macchina prima o poi sbandi.
Ma è una “neve” calda e gentile quella delle White Sands.
Il parco, a mio parere, offre il meglio di se la sera, quando il clima diventa più dolce ed il sole al tramonto costringe i cristalli di gesso ad abbandonare il proprio candore.
Ci sono dei brevi trails che permettono di allontanarsi un po dalle aree prossime alla strada.
Il clima non era sicuramente amichevole, ma due passi non si potevano non fare.
Nel pomeriggio ho lasciato a malincuore il parco in direzione Roswell.
È una tappa di transito, domani incontrerò una mia vecchia amica.
La US Highway 66.

ROSWELL – TUCUMCARI (Inizio Route 66)

La giornata comincia lentamente.
Dopo la prima tappa all’UFO Museum di Roswell, si prosegue verso Fort Sumner, dove c’è la tomba di Billy The Kid.
Ma la mia mente è occupata da altri pensieri.
Si può amare una città così lontana per cultura e tradizioni?
Si può amare così tanto una strada?
Nel viaggio lungo la I40 da Santa Rosa, in corrispondenza dell’indicazione “Tucumcari next 5 exits”, metto su “Find yourselfs” di Brad Paisley (dalla colonna sonora di Cars) e prendo la prima uscita.
E’ la mia terza volta a Tucumcari, ma riesco ancora ad emozionarmi.
Entro in città lentamente, fermandomi di continuo per fotografare cose che ho già fotografato mille e più volte.
Eppure l’emozione nel vederle è la stessa.
Quelle cose, che per molti sono solo delle vecchie cianfrusaglie, resti di un tempo che fu, sembravano essere li ad aspettarmi.
Tucumcari è la cittadina della Route 66 che amo più di ogni altra.
Vecchio e nuovo si mescolano.
Passeggiando lungo la Main Street, la “mia” Route 66, si ha netta la percezione di cosa sia stata la Mother Road nei suoi anni d’oro.
Se chiudo gli occhi posso perfino sentire i clacson delle migliaia di automobili che l’attraversavano ogni giorno, vedere i neon accesi ad illuminare la città.
E quando apro gli occhi vedo il neon più bello: quello del Blue Swallow Motel.
Non so quante foto abbia di questo posto.
Nel scendere dalla macchina vedo venirmi incontro Brian, il mio amico harleysta.
Un pompiere del Missouri che ho conosciuto lo scorso anno lungo la Route 66 in Oklahoma.
Fu un incontro bellissimo quello dello scorso anno, come se ne fanno solo sulla Route 66.
Scambiammo 4 chiacchiere davanti alla Ribbon Road (un vecchio tratto di Route 66 in Oklahoma) per poi salutarci.
Nel pomeriggio al Tally’s Cafè a Tulsa ci fermammo per un panino e la cameriera dopo un po’ ci portò due gelati.
Io le dissi di essersi sbagliata e lei mi indicò una persona nel tavolo accanto al nostro.
Era il motociclista della mattina che avendoci riconosciuti pensò di farci una sorpresa offrendoci un gelato.
Lo incontrai ancora 3 giorni dopo proprio qui al Blue Swallow e da allora abbiamo iniziato a scriverci spesso.
E’ probabile che il prossimo anno percorreremo insieme tutta la Route, ne abbiamo parlato stasera a cena.
Ed ora sono qui che scarico le foto e scrivo e fra un po’, a mezzanotte, uscirò in strada di nuovo.
E’ come se volessi che questa giornata non abbia mai fine.
Sono di nuovo qui, al Blue Swallow Motel di Tucumcari, lungo la “mia” US Highway 66.

TUCUMCARI – ALBUQUERQUE

Non è mai facile per me andare via da Tucumcari e dal Blue Swallow.
Quando sono a casa alimento i miei ricordi riempiendo Facebook con le foto di entrambi.  Oggi, invece, ero li e li vedevo senza intermediari.
Mi sono alzato presto stamattina, alle 6,30 ero già fuori dalla mia stanza numero 2, la stessa dello scorso anno.
Ho percorso la main street a piedi con la macchina fotografica in mano, godendomi il  lento risveglio della città, cercando di immaginarla nei suoi anni d’oro e facendo fotografie che riempiranno Facebook, ed i miei ricordi, fino alla prossima volta.
Ho cercato di prolungare la mia permanenza a Tucumcari facendo una lunga colazione al Kix on 66, ma ormai il tempo stava per scadere.
Prima di partire ho riportato al titolare del Blue Swallow i saluti di un amico giapponese che incontrerò a fine vacanza e che conosce bene il motel e la famiglia che lo gestisce.
Dopo avermi invitato a ricambiare i saluti, il titolare mi ha chiesto informazioni sulla mia tappa successiva.
Albuquerque ed il Monterey non smokers motel, un altro motel storico della Route 66, sarebbero stati la mia destinazione.
Il titolare del Blue Swallow, conoscendo il manager di questo motel, mi ha pregato di salutarglielo, “Sai, noi della Route 66 siamo come una famiglia”.
E questo è uno degli aspetti più affascinanti di un viaggio lungo la Mother Road.
La Route 66 è come un paese che si estende per 4000 km.
Ho lasciato quindi Tucumcari per raggiungere Albuquerque.
Non è uno dei tratti di Route più belli.
C’è molta, troppa I40.
È prevista una deviazione verso nord, verso il Kasha-Katuwe Tent Rocks National Monument.
Il tempo stava rapidamente peggiorando ed una volta li ci siamo affrettati a percorrere il trail più breve per evitare un diluvio che fortunatamente non c’è stato.
Anche qui è stata la mia seconda volta.
L’ho già detto, adoro vedere più volte gli stessi film e visitare più volte gli stessi posti.
Un paio d’ore di sosta e siamo ripartiti in direzione Albuquerque.
Dopo aver visitato la Old Town, una cena al classico 66 Diner ha chiuso il mio nono giorno di viaggio.
Domani la Mother Road mi condurrà a Holbrook, con una deviazione verso il Canyon de Chelly, un’altro posto che ho già visto un paio di anni fa.
Il film continua.

ALBUQUERQUE – HOLBROOK

Viaggiare lungo la Route 66 è affascinante.
I locali tipici, le storie annidate in ogni curva, le vecchie pompe di benzina ed i motel.
I motel sono parte della storia della Route 66, una strada ad elevata percorrenza negli anni 50 e 60 e per questo doveva  essere attrezzata per offrire al viaggiatore ogni confort, facendolo sentire come a casa propria.
Cerco di scegliere prevalentemente motel storici o che comunque abbiano una connessione stretta con la Route 66, proprio per calarmi completamente nell’atmosfera della Mother Road.
Il Blue Swallow di Tucumcari,  il Monterey non smokers motel di Albuquerque ed il Globetrotter Lodge di Holbrook (AZ) dove mi trovo adesso.
Non sono lussuosi come gli hotel di Las Vegas, ma,  come la strada su cui si trovano,  trasudano fascino.
Qualcosa che difficilmente si può costruire.
Sono tutti molto puliti, curati e con quel clima così terribilmente retrò che ti proietta indietro nel tempo.
Un viaggio sulla Route 66 è anche un viaggio nel tempo.
Il programma di oggi era intenso:
Route 66 fino ad Holbrook con deviazione verso il Canyon de Chelly.
Con la dismissione della Route 66, nella metà degli anni 80, la Mother Road, in molti casi, è stata privata della sua identità, quasi a volerne cancellare anche  il ricordo.
Le sono state attribuite diverse denominazioni,  per motivi di viabilità locale e forse anche perché,  almeno all’inizio,  gli americani non percepivano l’importanza di quel “Lungo sentiero d’asfalto”.
Questo è uno dei motivi per i quali è difficile seguirne il percorso senza una mappa specifica,  soprattutto nelle grandi città.
Uscire da Albuquerque percorrendo la Route 66 è invece abbastanza semplice: basta farsi trasportare dalla Central Avenue (la vecchia cara Mother Road) fino a lasciarsi alle spalle la città.
Il tratto di Route 66 percorso oggi attraversa le pianure dalle rocce rosse del New Mexico,  aggirandole dolcemente senza comprometterne la bellezza, salta da un lato all’altro della odiata I40, ma in molti casi, soprattutto nel primo tratto in Arizona,  la moderna interstate prevale sulla Mother Road.
Man mano si incrociano ponti storici, piccole comunità quasi scomparse fino ad arrivare a Gallup, dove mi sono fermato per il pranzo.
A Chambers ho lasciato la Route 66 per imboccare la 191 fino a Chinle,  per visitare il Canyon de Chelly.
Il tempo anche oggi non prometteva nulla di buono ed anzi in prossimità del parco sono stato avvolto da un vero e proprio nubifragio.
Ma, come ieri,  all’ingresso nel parco la pioggia ha smesso di cadere.
Sono riuscito a vederlo e ad uscirne asciutto.
La pioggia è poi tornata violenta sulla strada di ritorno.
Arrivato ad Holbrook porto le valigie in camera ed esco con la mia macchina fotografica per fare due passi.
Nel mio mondo.

HOLBROOK – FLAGSTAFF

Anche stamattina il mio gironzolare su è giù per la vecchia highway è cominciato presto,  colpa dell’alba il cui richiamo è sempre irresistibile.
Con la mia macchina fotografica , ogni giorno, fermo una quantità enorme di immagini, quasi a voler generare una scorta sufficiente di ricordi per  alimentare i miei sogni una volta a casa.
Dopo l’ottima colazione del Globetrotter Motel (un motel davvero molto bello), con tanto di bandierina dell’Italia posizionata sul mio tavolo, sono partito per la Petrified Forest ed il Painted Desert.
La Petrified Forest  è l’unico parco nazionale presente lungo la Mother Road.
Al suo interno è possibile ancora scorgere i pali del telegrafo che un tempo accompagnavano il percorso della vecchia highway.
Anche qui per me era la seconda volta.
Ho passato due ore e mezza immerso nei fossili dei tronchi pietrificati e nella moltitudine di colori del deserto dipinto.
Nel pomeriggio ho ripreso il mio viaggio verso ovest.
In Arizona possiamo dividere la Route 66 in due parti:
est ed ovest di Flagstaff.
La parte ad est è più frammentata,  di fatto per gran parte sostituita dalla Interstate 40 che, molto spesso, ha sfruttato il percorso della gloriosa highway.
E’ nella parte ad ovest di Flagstaff che la Mother Road torna a regalare ampi spazi di asfalto rovente agli appassionati viaggiatori, mettendo, nel contempo, in mostra la bellezza delle piccole comunità attraversate.
Nonostante nel tratto di oggi la US Highway 66 abbia, suo malgrado, ampiamente abdicato alla moderna intestate 40, c’è molto della sua storia da visitare in una sorta di susseguirsi di viewpoint:
Il Jackrabbit Trading Post di Joseph City, lo spigoloso ma affascinante Two Guns Trading Post o il Twin Arrows Trading Post.
E poi ancora la piccola Winslow con il suo “corner”  cantato dagli Eagles di “Take it easy”.
Un susseguirsi continuo di piacevoli spot che dal passato la Mother Road ci propone con orgoglio.
Sono arrivato a Flagstaff, nel primo pomeriggio, meno stanco del solito e carico della solita quantità di piccoli, grandi cose da riportare a casa.
Una cena al Galaxy Diner chiude la giornata.
Domani  è  in programma una deviazione verso Page per l’Antelope Canyon e l’Horseshoe bend.
Una pausa nel viaggio verso ovest, ma già il giorno dopo tornerò ad essere cullato dal sinuoso percorso della Strada Madre.

PAGE

Il viaggio verso Page, 200 Km circa da Flagstaff, ha avuto come scopo principale la visita all’Antelope Canyon.
Sono 3 anni che provo a vederlo, ma per esaurimento dei posti non c’ero mai riuscito.
Il posto di per se è incantevole, ma non si possono spendere parole positive sull’organizzazione e sulla quantità di gente che contemporaneamente passeggiava su e giù per lo slot canyon.
Eravamo al limite dell’overbooking.
Prima del rientro a Flagstaff, non poteva mancare un “affaccio” all’Horseshoe Bend ed al Lake Powell, con annessa ennesima sfida alla pioggia, vinta anche oggi.
Domani si riparte per Kingman attraverso la Route 66.
Sarà una giornata intensa.

FLAGSTAFF – KINGMAN

Anche oggi il mio appuntamento con la Mother Road è cominciato presto.
La destinazione era Kingman,  dove ad aspettarmi c’era un party organizzato dalla Route 66 Association of Kingman.
Ho percorso il tratto ad ovest di Flagstaff, dove l’interstate 40 non ha più un ruolo predominante nello spostamento verso Los Angeles, ma la vecchia Route 66 torna a cullare i sogni dei viaggiatori.
Ed anche i miei.
Lasciato il tratto di Flagstaff della Route 66, ci si immette per poche miglia sulla I40 per poi uscirne in direzione Parks.
La Mother Road qui si mostra in una forma inconsueta:  un breve tratto sterrato immerso in una pineta che termina in prossimità del Parks in the Pine General Store.
Un bellissimo e storico negozio.
Qualche foto, due chiacchiere con la signora del negozio e sono ripartito in direzione Williams.
Williams ammalia i viaggiatori.
È uno snodo importante per coloro che si dirigono nel Grand Canyon.
Restituisce di se un’immagine curata, tutto è dove deve stare ed al viaggiatore viene dato quello che lui si aspetta di vedere sulla Route 66.  E’ indiscutibilmente carina,  ma personalmente la trovo artefatta.
Preferisco le cittadine che raccontano la storia della Route 66 senza forzature.
In Williams questo racconto non lo vedo.
Diverso è per Seligman, che ho incrociato poco più avanti, che si è dovuta reinventare per poter sopravvivere.
Seligman è una cittadina storica,  può sembrare terribilmente kitch alla vista,  ma è fondamentale per la storia stessa della Mother Road.  Qui grazie ad un barbiere,  Angel Delgadillo, è nata la “Historic Route 66”, Ovvero il riconoscimento da parte dello stato dell’Arizona dello status di strada dall’interesse storico.
Seligman ha subito con violenza la dismissione della Route 66,  ed è toccante sentire in diverse interviste online come Angel,  commuovendosi,  ricorda il giorno e l’ora in cui Seligman morì, ovvero quando la moderna I40,  senza alcun rispetto,  ha sentenziato la fine di una storia,  una delle più belle degli stati Uniti d’America.
Angel Delgadillo di Seligman ha avuto il merito di non mollare.
Una vera e propria leggenda vivente che con la sua tenacia ha restituito al popolo della Route 66 la dignità che meritava.
Lasciata Seligman parte un altro bel tratto di Route 66 che attraversa Truxton ed il mitico Hackberry General Store.
Ha recentemente cambiato gestione e la bellissima Corvette rossa degli anni 50 non c’è più.  Al suo posto i nuovi gestori ne hanno posizionata una versione più recente e meno affascinante.
È comunque sempre uno spettacolo fermarsi qui.
E poi, finalmente, Kingman ed il party.
Arrivo puntuale al Ramada Inn dove è allestita una sala nella quale diverse persone, appassionati della Route 66 e gestori di storici locali si sono dati appuntamento per scambiarsi idee.
Ero l’ospite speciale, un italiano che percorre un mito americano e che condivide le sue esperienze su internet.
E’ stata una piacevolissima serata.
Ho avuto modo di conoscere la proprietaria dell’Hackberry General Store ed altri appassionati che hanno attività sulla Mother Road.
Ma soprattutto ho conosciuto Jim Hinckley, lo scrittore che mi ha invitato, un vero e proprio guru della Route 66.
La serata si è infine splendidamente conclusa con una cena al Mr D’z con dei simpaticissimi amici toscani.
Domani si prosegue verso Barstow

KINGMAN – BARSTOW

“La California è proprio di la dal fiume, con una graziosa cittadina per cominciare. Needles, sul fiume. Ma il fiume non è di casa in questa zona. Da Needles si sale e si scavalca una cima riarsa, e dall’altra parte c’è il deserto. E la 66 attraversa il deserto terribile, dove la distanza pulsa e il centro dell’orizzonte è tarpato dall’incombere di montagne cupe.”
John Steinbeck, “Furore”Il tratto desertico doveva essere il protagonista della mia tappa di oggi lungo la Route 66.
Il deserto terribile e luminoso, come lo descriveva Steinbeck.
Gli Okies lo attraversavano di notte nel loro viaggio verso la California, per evitare che i loro miseri mezzi di fortuna potessero cedere.
Doveva essere il Mojave desert il protagonista di oggi.
Ma occorre riavvolgere il nastro del mio viaggio, indietro fino a Seligman, per un appuntamento a cui non potevo mancare.
Un appuntamento con un umile barbiere, un uomo che ha creduto fortemente che una strada e la sua gente dovessero diventare un patrimonio da tutelare e non un inutile oggetto fuori moda.
Un giocattolo di cui disfarsi perché se ne è avuto uno più grande e moderno.
Alle 8 sono partito da Kingman in direzione Seligman (117 Km per circa un’ora di viaggio).
Giunto al suo negozio dopo qualche minuto arriva, come di consueto in bicicletta, Angel Delgadillo, the Guardian Angel of Route 66.
E’ stato emozionante incontrarlo e scambiare quattro chiacchiere con lui, sentire i suoi racconti, le difficoltà ad andare avanti durante i 10 anni intercorsi tra l’oblio e la speranza di una rinascita.
Per qualsiasi appassionato della Route 66 Angel Delgadillo è una leggenda.
Ho allungato la mia tappa odierna di 200Km ma ne è valsa davvero la pena.
Dopo una mezz’ora trascorsa a colloquiare piacevolmente con Angel, sono ripartito per il deserto, attraversando prima Oatman e poi, dopo aver scavalcato il Colorado River, Needles.
La temperatura non era particolarmente più alta del solito oggi su questo tratto di strada che resta uno dei più belli e selvaggi della Route 66.
Ad interrompere il lungo viaggio arriva in soccorso il Roy’s Cafe con la sua inconfondibile insegna.
E’ sempre emozionante vedere la sua sagoma spuntare all’orizzonte.
E poi ancora il Bagdad Cafè, un ristorante a Newberry Springs divenuto famoso grazie ad un film omonimo degli anni 80.
Ed infine, dopo parecchie ore di viaggio, sono giunto a Barstow, dove mi trovo ora.
E’ stata una giornata lunga, faticosa, ma indimenticabile.

BARSTOW – SAN BERNARDINO

Il fascino della Mother Road si dissolve man mano che ci si avvicina a Los Angeles.
Qui le interstate ne hanno soffocato il respiro, stringendola in un abbraccio che non lascia scampo.
Già poco dopo Victorville la Route 66 pian piano si trasforma in una I15 qualunque; asfalto senza storia, senz’anima.
Dopo il deserto di ieri e le tante miglia sotto un sole cocente, stamattina sveglia tardi e carburazione lenta.
Considerate le poche miglia da percorrere fino a San Bernardino, tappa successiva del viaggio,  ho scelto di fare una passeggiata per la main street di Barstow, non prima però di aver fatto qualche foto al Route 66 Motel (altro motel storico dove alloggiavo) ed un salto al museo della Route 66.
Vedere questi piccoli musei pieni di ricordi del passato è sempre bello.
Adoro le vecchie foto,  sono come una finestra dalla quale sbirciare.
Nel viaggio verso San Bernardino ho fatto una tappa al Bottle Tree Ranch di Elmer ad Oro Grande (questa volta Elmer non c’era) e poi dritto fino al Wigwam Motel.
Domani si chiuderà questo viaggio lungo il tratto ovest della Route 66 con la canonica tappa al Santa Monica Pier, ma anche agli altri posti che in passato segnavano la fine della gloriosa autostrada.
Nel pomeriggio partenza per Santa Maria, lungo la costa; sarà di nuovo Big Sur, ma stavolta mi condurrà a San Francisco.
Guardando l’orizzonte si comincia a scorgere “l’end of the trail” anche per questo viaggio.

SAN BERNARDINO (S. Monica, fine Route 66) – SANTA MARIA

Oggi è stato l’ultimo giorno sulla Route 66.
l’ultimo giorno ufficiale, poiché di fatto la Mother Road quella vera, quella che ti ruba il cuore, termina molto prima di Santa Monica.
Da San Bernardino, dove mi trovavo stamattina, fino a Santa Monica è un interminabile viale fino alla intestate che conduce a Los Angeles e da qui a Santa Monica.
La mattina è cominciata con una gomma bucata,  ma la Mother Road, da buona mamma,  non lascia mai i suoi “figli” in balia del fato.
Davanti al Wigwam Motel, dove ho pernottato, c’era un gommista che rapidamente ha provveduto a ripararla.
Colazione in un piccolo diner di Rialto a base di bacon, hash browns e scrambled eggs e poi via, verso Santa Monica.
Non c’è molto in realtà su questo tratto, di fatto siamo alle porte della città degli angeli, una sorta di mostro che ha inghiottito famelico anche le ultime tracce della Strada Madre.
Si scorgono ogni tanto dei cartelli che ci ricordano le origini della strada che stiamo percorrendo, ed alcuni scudetti sui mattoni.
Il primo Mc Donald’s di San Bernardino, una stazione di servizio ristrutturata a Rancho Cucamonga, la Bono Orange di Fontana, sono tra i pochi legami col passato che questo ultimo tratto californiano mostra ai viaggiatori.
Entrare a Los Angeles seguendo quello che era il percorso della Route 66, e che oggi ha ovviamente denominazioni diverse, non è difficile a dispetto dell’enormità della citta.
Ma a complicare le cose c’è sempre il traffico, che qui è di proporzioni titaniche.
Raggiungere Santa Monica è stato un calvario fatto di semafori e code lunghissime di automobili che ti fanno rimpiangere gli stupendi e solitari tratti del deserto del Mojave.
Mi restano altri 2 giorni di viaggio da trascorrere tra il Big Sur (domani) e San Francisco (lunedì) e 2 incontri con amici di Facebook.
Con questo viaggio ho percorso la Mother Road 2 volte completamente e sto già pensando alla terza per il prossimo anno da percorrere da solo.
Anche se non viaggerei proprio da solo, perché ormai lungo il suo percorso ho diversi amici.
L’averla percorsa più volte, il condividere le mie foto nei gruppi di Facebook mi ha fatto entrare in contatto con diverse persone.
Comunque, restano ancora due giorni prima del mio personale “end of the trail” per quest’anno.

SANTA MARIA – SAN FRANCISCO

Archiviata la “mia” Route 66 si riparte per San Francisco attraverso il Big Sur.
Sono ripartito da Santa Maria, dove ho dormito ieri, poco più di metà strada tra LA e San Francisco.
Confermo le mie impressioni dell’andata sul Big Sur: è stupendo.
Farlo con la Jeep non è come farlo,  come all’andata,  con la Mustang,  ma il panorama,  visto da sud sembra ancora più affascinante.
Le rocce bianche,  le scogliere,  la strada che si snoda intorno al mare, lasciano senza fiato.
La giornata è stupenda e ne approfitto per fermarmi spesso lungo gli innumerevoli view point,  per scendere a Pfeiffer Beach  e per un lungo a pranzo in un ristorante sulla strada.
È come se inconsciamente avessi mollato.
Lungo la Route l’adrenalina era altissima,  tutto intorno a me era fonte di ispirazione per le foto,  per fare 4 chiacchiere con chiunque,  per pensare ai confronti con l’ultima volta che l’avevo vista.
Adesso mi sto semplicemente godendo il paesaggio.
Ed infine San Francisco, 18 anni dopo l’ultima volta.
Una corsa contro il tempo per acchiappare uno spicchio di tramonto sul Golden Gate.
Al buio non ho visto molto,  ma il freddo è stato sufficiente per ravvivare i miei ricordi.
È stata una giornata rilassante.

SAN FRANCISCO

Ed anche questo viaggio è giunto al termine.
Domattina si partirà presto.
C’è sempre un pizzico di nostalgia quando un viaggio finisce. Nostalgia per i posti visitati e le persone incontrate. E quest’anno ne ho davvero incontrate tante ed ogni incontro è stato emozionante.
La leggenda, the Guardian Angel of Route 66, Angel Delgadillo, colui che ha di fatto creato la Historic Route 66.
Jim, uno scrittore innamorato della sua Route 66 alla quale ha dedicato tantissimi libri e che, stupito della mia passione per la loro icona, mi ha coinvolto nel suo gruppo.
Toshi, un giapponese giramondo (ha anche vissuto 4 anni a Milano) che ora vive a San Francisco e tra le tante cose è anche il presidente della Route 66 association of Japan.
Gli amici di Facebook che casualmente hanno incrociato la loro strada con la mia.
Ed oggi… oggi San Francisco. Bellissima come sempre, fredda (climaticamente parlando) come sempre.
non sono un amante delle città, ma lei, secondo me, è unica.