Tratto | Amarillo – Chandler |
Data | 22/08/2018 |
Hotel | Lincoln Motel |
Costo | 60,22$ |
Km Percorsi | 520 |
Era la tappa più lunga del viaggio quella che da Amarillo (TX) mi avrebbe portato a Chandler (OK).
Anche lo scorso anno, al contrario, l’ho percorsa così mentre le volte precedenti avevo programmato più tappe.
Ma quest’anno avevo deciso di dedicare più tempo al Missouri e qualcosa dello splendido Oklahoma ho dovuto sacrificare.
La giornata, come sempre, è cominciata presto anche se al Big Texan non c’è un paesaggio mozzafiato, ed il motel non regala particolari emozioni.
C’è solo la I40 ed il suo rumore dal quale non vedi l’ora di fuggire.
La giornata era splendida, ventosa come quasi sempre da queste parti, ma il sole era forte e caldo.
In mattinata, prima di partire, ho ricevuto un messaggio da Jerry McClanahan, l’artista della “EZ 66 for travelers”, il quale mi pregava di avvisarlo quando sarei arrivato a Chandler.
L’avevo già incontrato lo scorso anno e ci teniamo in contatto tramite Facebook, un amico quindi che non potevo non incontrare.
Ma la strada da percorrere sarebbe stata tanta e quindi sapevo già che il mio incontro con lui sarebbe avvenuto sicuramente il giorno dopo.
Il tratto di Route 66 in Texas è molto lineare, la vecchia highway costeggia la I40 per gran parte del suo percorso, che è comunque molto bello soprattutto grazie agli splendidi cimeli che si incontrano.
Lo Slug Bug Ranch, la Leaning Tower, la Giant Cross e soprattutto l’imponente U-DROP INN.
C’era un’atmosfera ovattata quel giorno, nonostante il cielo limpido, il clima perfetto, tutto sembrava andare al rallentatore.
La Mother Road in Texas, nonostante la vicinanza della interstate, è estremamente rilassante.
Quasi nessuno, a parte me, stava percorrendo la vecchia highway, ed il dolce suono dei pneumatici che calpestavano le giunture delle lastre di cemento che la compongono, riusciva a nascondere il frastuono generato da chi non aveva avuto voglia di passare da questa parte del guard rail.
Nonostante le tante miglia da percorrere me la sono presa comoda, godendomi fino in fondo le splendide icone di questo tratto della Mother Road che mi avrebbe portato in Oklahoma.
L’Oklahoma.
Michael Wallis, uno scrittore che ha raccontato la Route 66 come nessun’altro, ha scritto:
“Da nessun’altra parte la Route 66 si sente a casa come in Oklahoma!“.
Tutto è nato qui.
A Tulsa è vissuto Cyrus Avery, il padre della Route 66, Andy Payne di Foyil, il vincitore del Bunion Derby, la gara podistica organizzata nel 1928 per pubblicizzare la neonata US 66, Will Rogers, l’attore a cui la Route 66 è dedicata (uno dei nickname della Route 66 è appunto “Will Rogers Hwy”), gli Okies che l’attraversarono nel loro viaggio della speranza ai tempi del Dust Bowl.
La Route 66 è soprattutto l’Oklahoma.
Entrando in Oklahoma da ovest la prima comunità che si incontra è Texola.
Non c’è molto qui, ma quel poco è straordinario.
Come il Tumbleweed Grill nel Water Hole #2, il locale di Masel, un’artista, una dolcissima signora che si è trasferita in questa che lei orgogliosamente chiama “ghost town” per aprire questa piccola oasi nel nulla.
Il Tumbleweed è un piccolo diner, un gift shop ed un market.
Masel oltre a dipingere e ad esporre i suoi quadri all’interno del locale è anche un’ottima cuoca, i suoi hamburger sono infatti stati votati come i migliori dello stato dell’Oklahoma.
Ed in effetti sono buonissimi e lo scudetto della Mother Road impresso sul pane li rende anche esteticamente adorabili.
Abbiamo trascorso parecchio tempo dentro al suo bellissimo locale, scambiando quattro chiacchiere con lei e filmando la consueta diretta prima di ripartire in direzione est.
Non abbiamo fatto tanta strada prima di fermarci di nuovo; non molto distante da Texola c’è una delle tappe obbligate di un viaggio lungo la Route 66.
Il paese è Erick, e lui è uno dei personaggi più amati della Mother Road: Harley.
Harley è una forza della natura, 72 anni di entusiasmo e goliardia.
Harley è il cricchetto di Cars, è il clown più divertente della Route 66.
Le sue esibizioni sono sempre coinvolgenti e richiamano gente da tutto il mondo.
Ma, come ho scritto anche nel live, come tutti i clowns anche lui indossa una maschera dietro la quale nasconde il suo dolore per la perdita, mai superata, dell’amata moglie, Annabelle, con la quale in passato si esibiva.
Abbiamo trascorso un’oretta li dentro e se avessi avuto tempo mi sarei fermato ancora di più.
Harley mette allegria, è imprevedibile, e li dentro al suo locale c’è la sintesi della Route 66, tutto quello che ci si aspetta di trovare lungo la vecchia highway.
Un insieme di straordinario, irresistibile casino, l’habitat perfetto per le sue esibizioni.
Il tratto di Route 66 che da Erick porta a Hydro è stupendo; la striscia di vecchio cemento portland spesso si allontana dalla odiata I40 per nascondersi tra il verde della vegetazione circostante.
Poesia.
Insieme al successivo tratto tra Hydro e El Reno è uno dei più belli dell’intero percorso della Route 66.
Hydro, ovvero la comunità dove per 59 anni è vissuta la mamma di tutti noi viaggiatori della Route 66: Lucille Hamons, the Mother of the Mother Road..
E’ la stazione di servizio che preferisco, non è esteticamente tra le più belle, ma il solo fatto che per tanti anni è stata la casa di Lucille la rende impareggiabile.
E’ un’altra di quelle tappe che aspetto sempre con emozione e quando sono li, davanti a quella vecchia costruzione in legno, è come se volessi cercare un modo per entrare in contatto con lei.
La Route 66 è una strada di uomini e di donne che con le loro azioni ne hanno scritto la storia rendendola immortale.
E Lucille di quella storia ha scritto i capitoli più commoventi.
Ho visto tanti video su di lei, girati da viaggiatori che negli anni 90 hanno avuto la fortuna di incontrarla, è stata una figura importante per la Route 66, uno degli emblemi di questa strada.


Il viaggio è proseguito verso Chandler con frequentissimi stop.
L’ultimo di questi ad Arcadia, davanti alla enorme bottiglia di Pops, il popolare, modernissimo diner.
Era ormai buio e vedere la sua imponente sagoma illuminata è stato bello.
Non c’entra molto con la Route 66, il contrasto con il resto della comunità di Arcadia è forte, ma ha contribuito ad attirare l’interesse della gente per questo scorcio della vecchia highway, e questo è positivo.
Sono arrivato a Chandler, come prevedibile, molto tardi e quindi l’incontro con Jerry McClanahan era rimandato al giorno dopo.
E’ stata una giornata molto intensa, lunga e stancante.
Ma la stanchezza in questi casi si mescola con la consapevolezza di aver vissuto bellissimi momenti e quindi diventa un dettaglio insignificante.
L’Oklahoma ti entra nel cuore, non c’è spazio per niente altro quando sei li.










































