La storia della Route 66 è strettamente legata a quella dell’automobile.
La vecchia highway racconta l’evoluzione di questo mezzo di trasporto che agli inizi del 1900 rivoluzionò negli USA il modo di concepire i viaggi.
La sua stessa realizzazione, così come quella delle altre “Numbered Highways”, aveva tra i principali scopi quello di fornire alle automobili il “terreno” ideale sul quale poter essere utilizzate, ed agli americani la possibilità di spostarsi da una parte all’altra del paese facendo uso di un mezzo di trasporto alternativo al treno.
Per permettere a questi nuovi destrieri d’acciaio di liberare il proprio potenziale correndo lungo le nuove arterie interstatali, quest’ultime cominciarono ad attrezzarsi con la nascita di un’infinità di attività commerciali legate al viaggio.
Tra queste c’erano i motels, i ristoranti e le stazioni di servizio.
Rifornire le automobili del carburante necessario per poter essere utilizzate è un importante tassello in questa storia.
Le aziende petrolifere cominciarono a sfruttare queste nuove highways a fini pubblicitari, e la Route 66, tra queste, era sicuramente la più popolare.
Basti pensare a Phillips 66, una marca di carburante molto popolare negli USA, che, come si può intuire dal nome, ha forti legami con la Mother Road.
Ci sono varie storie intorno alla nascita del nome attribuito alla compagnia, la più accreditata narra di test prestazionali, su un nuovo tipo di carburante, che negli anni 20 la Phillips Petroleum eseguì in Oklahoma lungo il tracciato della Route 66.
L’automobile equipaggiata con questo nuovo carburante raggiunse le 60 miglia orarie, ma il tecnico della compagnia non era soddisfatto: “60 non è niente, arriveremo a 66!” esclamò.
Questa speciale combinazione, velocità massima raggiunta e la strada sulla quale si verificò l’evento, convinsero i vertici della Phillips Petroleum ad utilizzare come marchio per la propria benzina quello, appunto, di Phillips 66.
Fornire il carburante per permettere alle macchine di viaggiare era quindi il nuovo business, ma inizialmente aveva connotazioni molto primitive ed essenziali.
La benzina veniva stoccata in barili e venduta ai clienti anche in secchi perfino nei general stores.
Ciascun cliente, quindi, provvedeva in autonomia a riempire il serbatoio della propria automobile spillando il carburante da questi primitivi ed improbabili contenitori.
I limiti di questa pratica erano evidenti e fu per superarli che, agli inizi del 1900, ad un tal Sylvanus Bowser venne in mente di modificare una pompa che aveva inventato, e che veniva normalmente utilizzata per l’acqua, per, letteralmente, “pompare” benzina nel serbatoio delle automobili.
Nacquero quelle che lui stesso chiamò “fillin’ stations”, stazioni di rifornimento dove ci si poteva recare per fare benzina.
Queste nuove pompe di benzina cominciarono ad essere disponibili un po’ ovunque, anche in attività commerciali generalmente non legate all’automobile.
Ma ancora non era abbastanza, la difusione dell’automobile in quegli anni era inarrestabile e le compagnie petrolifere cominciarono a realizzare delle vere e proprie reti di distribuzione del carburante.
Le stazioni di rifornimento cominciarono ad assumere una connotazione ben precisa.
Anche l’estetica di queste nuove attività commerciali cominciò ad avere un aspetto definito, somigliando, soprattutto nelle piccole comunità, a dei cottages.
Un’architettura molto accattivante e familiare.
Una scelta inusuale se pensiamo a quello che le stazioni di servizio sono diventate, ma all’epoca fu ben ponderata.
La vendita della benzina era un’attività piuttosto nuova ed insolita e si cercava quindi di non turbare le piccole comunità, perseguendo, anzi, una sorta di integrazione con esse attraverso la realizzazione di queste piccole villette dalle sembianze piacevoli e rassicuranti.
Le stazioni di servizio, solitamente, ospitavano un ufficio, spesso un’officina ed avevano un porticato.
Erano, appunto, delle piccole, piacevoli case.
E di stazioni di servizio simili a cottages se ne trovano diverse lungo la US Highway 66.
Da est ad ovest è un susseguirsi di gas stations, alcune restaurate e riportate a nuova vita, altre abbandonate ai bordi della vecchia highway.
Ad est del midpoint di Adrian si trovano quelle più belle.
Erano gestite da imprenditori privati ed oggi molto spesso questi splendidi impianti vengono ancora identificati con il loro nome.
Basil Ambler, per la Ambler’s Texaco Gas Station di Dwight (Illinois), l’imprenditore che l’ha gestita per il periodo più lungo (conosciuta anche come Ambler’s Becker Gas Station, da Phillip Becker l’ultimo proprietario), o Henry Soulsby, per la Soulsby’s Gas Station di Mt. Olive (Illinois), sono alcuni tra gli esempi.


Quelle citate sono anche tra le stazioni di servizio più belle, assieme alla Standard Oil Gas Station di Odell sempre in Illinois o alla leggendaria Lucille’s Service Station di Hydro in Oklahoma, la stazione di servizio di Lucille Hamons, la “Mother of the Mother Road”.


Ad ovest, complice lo scenario decisamente più selvaggio e meno denso di comunità, è più raro incontrare stazioni di servizio di questo genere.
Le stazioni di servizio storiche hanno perso oggigiorno il loro scopo primario, ma si sono trasformate in qualcos’altro, sono diventate delle bellissime icone, tra i monumenti più affascinanti della US Highway 66.