“If you travel Route 66, sooner or later you’ll spend the night in Tucumcari”.
Tucumcari è una città leggendaria.
Situata in New Mexico di fronte alla Tucumcari Mountain (una piccola mesa), è nata agli inizi del 900 come accampamento adiacente ad una ferrovia, ma sono molte le leggende che collocano la sua origine, e quella del suo nome curioso, molto prima di quanto la storia ufficiale racconti, quando quello era il territorio degli indiani Apache e Comanche.
Una di queste leggende narra di un capo Apache, ormai vecchio e debole, che per paura del destino del suo popolo una volta morto, organizza un duello tra i due più giovani ed aitanti guerrieri della tribù, peraltro tra loro acerrimi nemici: Tonopah and Tocom.
Entrambi, inoltre, si contendevano l’amore della giovane figlia del capo indiano, la bella Kari (segretamente innamorata di Tocom contro il volere del padre).
Colui che avesse vinto il duello avrebbe sposato Kari e sarebbe diventato il capo della tribù.
Tonopah uccise Tocom con un colpo di pugnale al cuore e Kari, nascosta per vedere il duello, uscì di corsa tolse il coltello dalle mani di Tonopah lo uccise e subito dopo si tolse la vita.
Il vecchio capo distrutto dal dolore per quello che aveva appena visto, tolse il coltello dal petto della figlia e si uccise gridando insieme i nomi di Tokom e Kari.
Più verosimilmente quel nome misterioso deriva dalla parola Comanche Tukamukaru, il cui significato era imboscata; la piccola mesa era uno straordinario posto di vedetta e si prestava, appunto, per tendere agguati.
Agli inizi del 900 quel villaggio accanto alla ferrovia era un posto da duri, da gente con la pistola facile, al punto da diventare noto come Six-Shooter Siding.
Saloon, bordelli e sale da gioco erano un irresistibile richiamo per i fuorilegge della zona.
A molti di noi italiani, appassionati dei film dell’immenso Sergio Leone, Tucumcari ricorda il colonnello Douglas Mortimer , in “Per qualche dollaro in più” (curiosamente Douglas è stato anche il primo nome attribuito a quel villaggio accanto alla ferrovia).
Lee Van Cleef (il colonnello Mortimer), in treno chiedeva al controllore quanto mancasse a Tucumcari e quando gli fu fatto notare che quella non sarebbe stata una tappa prevista, esclamò con voce stentorea:
“Questo treno ferma a Tucumcari! ”
La ferrovia portò benessere e prosperità alla piccola Tucumcari, che limò nel tempo le sue spigolosità, ma ancor più importante, per quel villaggio accanto alla ferrovia, fu un’autostrada: la US Highway 66.
Lo sviluppo di Tucumcari grazie a quel “lungo sentiero d’asfalto” fu notevole: diners, stazioni di servizio, motels.
Una concentrazione di attività commerciali legate al viaggio come non ce n’era da nessun’altra parte lungo la Strada Madre.
Si calcola che negli anni ‘50 fossero operativi circa 50 Motels per un totale di 2000 camere, una sessantina di stazioni di servizio e che mediamente la cittadina fosse attraversata da circa 8000 automobili al giorno.
Tucumcari era senza alcun dubbio uno dei paesi più rappresentativi della Strada Madre.
Ancora oggi sono pochi i posti che, della vecchia autostrada, riescono a raccontarne la storia così bene come Tucumcari.
La realizzazione della Interstate 40 ha avuto effetti devastanti per l’economia e per la sopravvivenza stessa di Tucumcari; il suo destino, indissolubilmente legato a quello della Mother Road, fu segnato.
Oggi Tucumcari è una città dove il tempo sembra essersi fermato.
I Motels e le stazioni di servizio abbandonate cingono la gloriosa autostrada, con le loro insegne, i loro neon, i loro slogan fuori moda ma così terribilmente affascinanti.
Tucumcari è il simbolo della resistenza contro l’inevitabile incedere del tempo, contro la modernità che ha posto fine ad un’America semplice, un’America a conduzione familiare, è il luogo simbolo della Route 66, del suo declino e della sua rinascita; una città ed una strada che non muoiono mai.
Tucumcari è di gran lunga la mia città preferita tra quelle attraversate dalla US Highway 66.