Route 66. Turisti e viaggiatori

Pubblicato: luglio 27, 2019 in Route 66

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Un viaggio lungo la Route 66 non è per tutti.

Molte persone ne percorrono solo un piccolo tratto, dopo che magari hanno visitato i parchi del west.

Spesso, in questi casi, nascono improponibili paragoni che condizionano negativamente il loro giudizio sulla Mother Road.

Costoro non sanno nulla della storia della Route 66 e quel poco che hanno visto lo considerano non come parte di un tutto (l’intero percorso della Route 66 che ovviamente non conoscono), ma “il tutto”, e per questo giungono a conclusioni sbagliate.

La vecchia Route 66 non esiste più“, “lo spirito si è perso” (una classica frase fatta, lo spirito della Route questa gente non sa neanche cosa sia), “non vale la pena percorrerla, meglio le interstates”, sono le frasi più frequenti che questa gente è in grado di produrre.

La Route 66, dicevo, non è per tutti, sicuramente non è per turisti.

Non c’è nulla di male ad essere turisti, bisogna tuttavia averne consapevolezza, soprattutto quando si esprimono giudizi o si danno consigli.

Essere turisti o viaggiatori non è solo una scelta, ma è un modo di vivere.

Il viaggiatore è curioso, il turista no.

Il turista ti chiede “cosa c’è di bello da vedere su quel tratto di Route?”.

Il viaggiatore lo sa già, conosce la storia di quello che incontrerà perché la sua curiosità lo ha portato a documentarsi.

Il turista è alla ricerca degli scudetti sull’asfalto per riempire il telefono (ed i social media) di selfie, il viaggiatore cerca vecchi locali abbandonati che si reggono in piedi per miracolo, ma che sono in grado di raccontare tanto della vecchia highway.

Il turista compra le magliette da Walmart, il viaggiatore le compra dal piccolo gift shop perché sa che i suoi 20 dollari vanno a finire in buone mani, e magari la prossima volta che torna da quelle parti troverà quel negozio ancora aperto, anche grazie a lui.

Il viaggiatore conosce la differenza tra bellezza e fascino, il turista li confonde.

Ed il turista, per questo motivo, tende a fare paragoni tra cose che per loro natura non sono paragonabili (la Route ed i parchi).

E’ come se prendessimo una splendida, fiammante Corvette rossa e la paragonassimo ad una vecchia 500, sono entrambe automobili, ma tra di loro profondamente diverse.

Entrambe tuttavia possono regalare emozioni, basta solo avere le idee chiare su cosa se ne vuol fare.

Ecco, la Route 66 è come una vecchia 500 che quando la guidi ti regala, tra le tante cose, anche l’emozione di viaggiare tra i ricordi di un passato che magari avevi rimosso.

La Route 66, con le sue storie, ha lo straordinario potere di suscitare forti sensazioni in chiunque, indipendentemente dalla cultura, dalle tradizioni e dal paese di provenienza di chi la percorre.

La Route 66 racconta storie di gente comune, storie di vita quotidiana che spesso non è poi così diversa dalla nostra.

Bisogna tuttavia essere disposti ad ascoltarla.

Se vogliamo essere pignoli, la Route 66 di bello non ha quasi niente, sicuramente non è paragonabile ad un parco naturale.

Ma sono proprio le sue storie e la sua gente che la rendono unica.

Probabilmente però tutto questo per un turista è un po’ poco.

Badate, non c’è niente di male a scegliere di passare le proprie vacanze in un villaggio o in luoghi conosciutissimi, anche americani, dove vanno tutti, non c’è niente di male quindi ad essere un “turista”, ma solitamente chi sceglie questi posti come meta delle proprie vacanze, fatica a capire un viaggio lungo la Route 66 e se accidentalmente gli capita di farlo non apprezzerebbe quasi nulla di quello che incontra, men che meno quelle che lui riterrebbe solo delle malandate, brutte costruzioni che spesso si incontrano viaggiando lungo il tracciato della vecchia highway.

Il turista potrà apprezzare gli artificiosi colori di una Williams o la paracula, finta festosità del Big Texan, ma non capirebbe Glenrio e il suo silenzio rotto solo dal sibilo del vento e dal sinistro suono dei rattlesnakes.

Non sa cosa sia stata Glenrio, non sa cos’è stato il Dust Bowl e le tante persone che per colpa sua fuggivano verso ovest cariche di sogni e di speranze e che con i propri mezzi di fortuna passavano di li ogni giorno.

Il turista non apprezzerebbe la Shaffer Spring Bowl, apparentemente solo una pozza d’acqua, un abbeveratoio per muli, ma un tempo determinante per coloro che percorrevano quel tratto della Route 66.

Il turista non perderebbe tempo a parlare con un vecchio chiacchierone che ti racconta quanto ha sofferto quando gli hanno aperto una strada più grande e veloce proprio accanto a quella che gli dava da vivere.

E potremmo andare avanti ancora.

Il turista tutto questo lo ignora.

Magari arriva sulla Route dopo qualche notte al Venetian di Las Vegas e si lamenta perchè un motel storico ha il condizionatore rumoroso o la porta si chiude a fatica.

Il viaggiatore legge, si informa, scava alla ricerca della vera anima delle cose, il turista guarda le figure.

Per poter giudicare bisogna conoscere ed il turista, della Route 66, non sa niente.

Il suo giudizio ed i suoi consigli sono sempre generici, superficiali e soprattutto pericolosi per chi vuole avvicinarsi alla magia della Route 66.

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