Tratto | Cuba – Springfield (IL) |
Data | 26/08/2018 |
Hotel | Route 66 Hotel and Conference Center |
Costo | 86,90$ |
Km Percorsi | 396 |
Anche questa volta mi sono svegliato molto presto.
Cuba è meravigliosa, così come il suo splendido Wagon Wheel, e non potevo perdermi, ancora una volta, l’occasione per fotografarlo all’alba.
Ho indugiato parecchio davanti al motel, fotografandolo in ogni modo, cercando di accumulare più immagini che potevo, cosciente che, una volta a casa, la nostalgia per quel momento sarebbe stata tanta.
Siamo partiti molto tardi quella mattina, dopo le foto e qualche attimo seduti davanti alla stanza, abbiamo consumato un’ottima colazione da Shelly’s.
Dentro al locale c’era anche Bob, il titolare del Gasoline Alley, intento anche lui a fare colazione, ma soprattutto c’era una coppia di ragazzi italiani, anche loro ospiti del Wagon Wheel, che si sono avvicinati a noi per salutarci.
Seguono il mio gruppo di Facebook ed è stato, ancora una volta, molto bello interagire con persone che mi seguono attraverso internet e con le quali condivido la passione per questa strada.
Dopo colazione, prima di ripartire in direzione est, abbiamo trascorso ancora un po’ di tempo con Connie, la proprietaria.
Volevo acquistare un libro che racconta la storia del suo motel, ma lei me lo ha regalato.
Come si fa a non amare la gente della Route 66?
Era giunto il momento di partire verso Springfield, sarebbero stati gli ultimi km nel mio Missouri, prima di entrare nell’ultimo stato, in un percorso Eastbound, attraversato dalla Route 66: l’Illinois.
Siamo arrivati a St. Louis più o meno all’ora di pranzo e ci siamo diretti verso il Chain of Rocks, passando per alcune delle icone storiche della Route 66 in città, come Ted Drewes Frozen Custard e Eat Rite, ultimi baluardi del passato che resistono ancora.
Non amo St. Louis, è una città la cui violenza è spesso raccontata anche da noi.
Ma le mie considerazioni sulle città americane non fanno testo poiché, qualche eccezione a parte, non le amo affatto.
Preferisco le piccole comunità rurali di cui la Route 66 è piena.
A St. Louis il tratto della vecchia Route 66 che conduce al Chains of Rocks mostra segni evidenti dello stato di abbandono di quella zona.
Ci si sente davvero poco sicuri mentre la si percorre ed ogni anno mi sembra sempre peggio.
L’accesso al ponte, sempre da St. Louis, è ormai chiuso, colpa dei numerosi furti nelle auto che in quella zona sono stati perpetrati a scapito, soprattutto, dei malcapitati turisti oltre che per le attività illecite che nel corso dell’anno spesso lo hanno visto testimone.
E’ un luogo davvero poco raccomandabile.
Mi sono fermato giusto il tempo per scattare un paio di foto col cellulare, per confrontarle con quelle che ho scattato in passato.
Attraversato il ponte sul Mississippi river, percorrendo la I270, sono entrato in Illinois.
L’accesso al Chain of Rocks lato Illinois è sempre stato più tranquillo.
Anche lo scenario lo testimonia: un paesaggio verde e rilassante.
Lo scorso anno attraversai il ponte a piedi pochi giorni dopo l’alluvione e nonostante il fiume si fosse impossessato di ampi pezzi del terreno circostante lo scenario era comunque piacevole.
Quest’anno il fiume era dentro i suoi consueti margini.
Il ponte è un pezzo di storia della Route 66 ed attraversarlo a piedi è suggestivo.
La carreggiata è molto stretta ed il cielo è spezzato dai tralicci di acciaio che lo sostengono.
Il Chain of Rocks è stato utilizzato in passato come location per alcune scene del film “1997: Fuga da New York” di John Carpenter, ed è, come dicevo, un pezzo di storia della Route 66; ha rischiato di sparire dopo la dismissione della Mother Road, e solo gli alti costi per la demolizione lo hanno salvato.
Dopo la passeggiata sul ponte e qualche scatto al Gateway Arch, abbiamo ripreso il viaggio verso una delle tappe più popolari della Route 66: l’Henry’s Rabbit Ranch di Rich Henry.
Tornare qui è sempre piacevole, così come conversare con Rich, appassionato dei suoi conigli e della Route 66.
Quando sono li approfitto sempre per farmi raccontare qualcosa di Bob Waldmire, l’artista itinerante che ha trascorso la sua vita lungo la Route 66 e che è stato grande amico di Rich.
Fuori del locale c’è una delle macchine appartenute a Bob, un vero e proprio cimelio.
Sono riuscito anche a trovare il libro che il giorno prima avevo cercato invano di acquistare al Gasoline Alley di Cuba ed alla cui stesura ha partecipato Bob Waldmire stesso.
Ho scattato qualche foto ed ho girato la mia diretta, chiedendo a Rich semplicemente un saluto.
Il viaggio verso est è proseguito attraverso la splendida Soulsby’s Gas Station di Mt. Olive e l’Ariston Cafè di Litchfield prima di deviare verso il tratto pre 1930 della Route 66, quello che mi avrebbe condotto alla Auburn Brick Road, il vertice assoluto della giornata.
Ma prima la vecchia IL4, così si chiamava quella strada prima di entrare a far parte, nel 1926, della Route 66, attraversa un piccolo tratto che racconta una storia curiosa nella sua ingenuità, una piccola storia, come ce ne sono tante lungo la vecchia highway, che ne trasmette perfettamente lo spirito.
Nei pressi di Nilwood si incontra un cartello con la scritta Turkey Tracks e con alla base la sagoma di un tacchino.
Davanti al cartello c’è una piccola porzione di strada contornata da una striscia di vernice bianca al cui interno ci sono delle piccole impronte.
La storia, e la leggenda, raccontano che nel 1921, poco dopo la posa del cemento per pavimentare la IL4 (la Route 66 in quegli anni ancora non esisteva), un piccolo gruppo di tacchini fuggiti da una fattoria pensò bene di calpestare quel suolo che in seguito sarebbe diventato leggendario.
Ebbene quelle impronte resistono anche oggi e gli appassionati della zona le hanno marcate in modo che i viaggiatori possano vederle.
È una piccola, semplice storia, che rende perfettamente l’idea del perché sia impossibile non innamorarsi di questa strada.
Ma alla fine, al tramonto, siamo arrivati in uno dei tratti che adoro, uno di quelli che rapisce il cuore:
la Auburn Brick Road, la strada in mattoni rossi.
Anche questa è stata parte della IL 4, la strada che prima della Route 66 collegava Chicago a St. Louis, ed ha fatto parte della vecchia highway per pochi anni prima di essere sostituita dal tratto che ancora oggi corre parallelo alla I55.
La strada al tramonto era stupenda.
Nel 2017 l’ho percorsa all’alba, ed è stata una bellissima esperienza.
Questa volta di più.
Il sole rendeva il colore dei mattoni di un rosso acceso che contrastava con il verde dei campi di mais adiacenti.
Ho passato parecchio tempo su quel brevissimo tratto della vecchia highway, girando la diretta, scattando foto, e cercando di godermi il più possibile quel bellissimo paesaggio.
Ho preso da terra un piccolo frammento di mattone da portarmi a casa e che adesso ho inserito in una bottiglia insieme ad un po’ di sabbia presa 2 anni fa nelle White Sands.
Due posti che adoro.
Springfield era ormai alle porte, la tappa di giornata sarebbe stata il Route 66 Hotel and Conference Center, un motel suggestivo ma lontano dal coinvolgente fascino dei motels storici della Route 66.
Si era conclusa un’altra splendida giornata di viaggio, il “mio” Missouri era ormai alle spalle.
La fine del viaggio non era molto lontana, ma c’erano tantissime splendide emozioni ancora da vivere.









































